FAQ

1) Che sintomatologia può causare la colica renale e come si tratta?

Quando i calcoli si impegnano nell’uretere causando una dilatazione acuta delle vie escretrici a monte (uretero-calico-pielectasia), provocano la cosiddetta “colica renale”. Un dolore di tipo gravativo, profondo, di varia intensità, spesso paragonato a quello che le donne provano durate il parto, localizzato a livello della regione lombare e che può irradiarsi anteriormente al fianco omolaterale ed anche in basso verso l’inguine e i genitali (testicoli o grandi labbra). Il dolore, in genere continuo, non si modifica variando posizione e può accompagnarsi a sintomi vagali quali la nausea, il vomito ed il gonfiore addominale. Il dolore può essere evidenziato da alcune manovre come la percussione della regione lombare (manovra di Giordano) e la pressione sui punti di dolorabilità elettiva a livello dell’angolo costo-vertebrale, dell’angolo costo-lombare e del punto pieloureterale di Bazy.
Se è presente un’infezione urinaria si può avere anche febbre preceduta e/o accompagnata da brividi (febbre cosiddetta uro-settica) e disturbi minzionali (disuria) caratterizzati da bruciori durante la minzione, difficoltà o frequente stimolo ad urinare. L’ostruzione litiasica, causando un rallentamento o un arresto completo del flusso urinario, espone il paziente al rischio di infezioni e di sofferenza del rene che a lungo andare può perdere anche completamente la sua funzionalità. Quando si avrà la remissione completa del dolore ciò non significherà sempre che il calcolo è stato espulso. Infatti quando la dilatazione delle vie escretrici diviene cronica, la regola è la scomparsa della sintomatologia dolorosa.

2) Quali sono i fattori di rischio per la litiasi reno-ureterale ?

Possiamo distinguerli tra fattori individuali ed ambientali.
Tra quelli individuali citiamo il sesso (gli uomini hanno più probabilità di sviluppare una calcolosi), l’età (massima frequenza tra i 45 e i 65 anni), la familiarità alcuni stati patologici tipo, l’ipertensione arteriosa, l’obesità (specie nel sesso femminile) e più specificamente disordini “metabolici”:

  • eccesso di promotori della calcolosi come per eccessiva eliminazione urinaria di calcio, ossalato, acido urico, sodio, ad esempio
  • carenza di inibitori della calcolosi come per ridotta eliminazione urinaria di citrato o magnesio, ad esempio.

Questi cosiddetti fattori di rischio “metabolici” possono ovviamente esser ricercati mediante un adeguato screening cosiddetto metabolico o della nefrolitiasi.

Tra quelli ambientali svettano il clima e la latitudine in cui si vive (peggio se caldo-umido), le condizioni socio economiche (peggio se aumenta il benessere), l’attività lavorativa, le abitudini dietetiche (diete ricche in proteine d’origine animale e in sale ma soprattutto povere di liquidi), la sedentarietà, tabagismo, ecc

3) In caso di colica renale come devo comportarmi?

Il primo esame da eseguire è un’analisi delle urine con particolare riguardo al sedimento (microematuria) ed un’ecografia del tratto urinario. Per alleviare il dolore possiamo assumere farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) del tipo Ketoprofene fiale (Orudis) oppure Diclofenac fiale (Voltaren) che riducono la filtrazione glomerulare del rene diminuendo la pressione a livello delle vie escretrici. Questi hanno anche un effetto analgesico e antipiretico. Se la sintomatologia dolorosa non migliora si può utilizzare analgesico più potente del tipo Ketorolac fiale (Toradol).
In caso di colica NON si deve bere per il rischio di un aggravamento della sintomatologia dolorosa (aumento della pressione e della conseguente dilatazione delle vie escretrici). Il rischio potrebbe anche essere la rottura dei calici renali con la conseguenza di uno stravaso dell’urina nell’interstizio ma anche, in caso di rottura della capsula, nello spazio peri e pararenale con formazione di un cosiddetto “urinoma”.

4) È possibile “sciogliere” i calcoli?

La maggior parte dei calcoli non si possono sciogliere. Un tipo particolare di questi, i calcoli di acido urico, l’utilizzo di una terapia a base di citrato di potassio e magnesio ha degli ottimi risultati riuscendo nello scopo di scioglierli.
Questi tipi di calcoli rappresentano circa il 10% della calcolosi totale ed hanno la caratteristica di essere radiotrasparenti

5) Quali esami eseguire in caso di litiasi urinaria?

Il primo esame cui sottoporre il paziente è un’ecografia renale. Questa dovrebbe essere in grado di visualizzare i calcoli presenti, indipendentemente dalla loro composizione chimica e quando l’ecografia non sarà in grado di rilevare la presenza di calcoli ureterali, potrà evidenziare una dilatazione ureterale e/o calico-pielica e porre il sospetto dell’esistenza di un calcolo nell’uretere causa dell’ostruzione. Un altro esame sempre utile da effettuare è una Radiografia diretta dei reni e della vescica. Questa servirà ad evidenziare la presenza di calcoli lungo il decorso degli ureteri, non visualizzati dall’esame ecografico, a determinare la composizione chimica del calcolo (radiopaco o radiotrasparente) e sarà indispensabile per effettuare una valutazione sul grado di frammentazione della formazione litiasica ottenuta dopo litotrissia extracorporea (ESWL).
La TC senza mdc è un’indagine con elevata sensibilità che è possibile eseguire in caso di dubbi diagnostici o in presenza di dilatazione calicopielica senza visualizzazione di una formazione litiasica.

6) Terapia espulsiva: quando e perché?

La terapia espulsiva o Medical Expulsive Therapy (MET) rappresenta un’opzione di trattamento per calcolosi ureterale di ridotte dimensioni, solitamente sotto i 9-10 mm.
Si utilizzano dei farmaci che facilitano la progressione del calcolo e la sua espulsione dilatando la muscolatura liscia dell’uretere come ad esempio alfa litico (tamsulosina, alfuzosina,silodosina…) o un calcio-antagonista (ad esempio la nifedipina)

7) Che tipo di valutazione clinica s’impone in una nefrolitiasi recidivante?

La miglior valutazione clinica per una nefrolitiasi che ricorre è quella che comprende una ricerca dei possibili fattori di rischio metabolico implicati (screening per la nefrolitiasi). Questa consiste nell’esecuzione di esami del sangue e delle urine (delle 24 ore ed a digiuno), che devono essere eseguiti generalmente con alcune semplici accortezze:

  • durante un periodo di dieta libera, che va trascritta – almeno negli ultimi tre giorni prima degli esami – su un diario dietetico;
  • senza assumere terapie specifiche (a meno che non si voglia controllare la bontà delle prescrizioni);
  • con raccolta delle urine delle 24 ore essere eseguita correttamente (in modo completo, acidificata, ecc).

Poiché tal screening metabolico ha un costo non trascurabile, la maggior parte dei Centri/medici, che s’interessano di nefrolitiasi non lo propone indiscriminatamente a tutti i pazienti. A quei pazienti in cui non sussiste un elevato rischio di recidive tale screening generalmente non si pratica e si consigliano delle semplici ma efficaci regole dietetiche di primo livello. Sono questi generalmente pazienti oltre la mezza età che si presentano al primo episodio di calcolosi renale.

Le regole dietetiche di primo livello consistono in una dieta normocalorica sul peso ideale, normocalcica, normoproteica (0.9-1.0g/Kg/die, con predilezione per le proteine d’origine vegetale) ed infine normosodica.
Viceversa a quei pazienti che presentano fattori di rischio più consistenti viene proposto lo screening; sono in genere pazienti più giovani, che si (ri)presentano con storia di numerose coliche/calcoli spesso ad entrambi i reni: ovvero sono affetti da calcolosi recidivante.
Ma il consiglio igienico-dietetico dal quale non si può prescindere per qualsiasi tipo di nefrolitiasi al primo episodio – od ancor peggio se recidivante – è quello di portare la diuresi in qualsiasi stagione dell’anno e per qualsiasi attività fisica oltre i due litri e mezzo nelle 24 ore. Ciò andrà monitorato autonomamente dal paziente con delle misurazioni ‘random’ (o casuali) praticate una volta al mese od almeno ai quattro cambi di stagione e per variazioni sostanziali nelle abitudini di vita.

8) Quali sono i tipi di trattamento in caso litiasi urinaria?

Le opzioni di trattamento sono molteplici. In caso di calcoli di piccole dimensioni questi possono essere eliminati spontaneamente con ausilio o meno di farmaci. Importante bere molto tranne in caso di colica renale.
In caso di calcoli di dimensioni maggiori si ricorre alla litotrissia extracorporea (ESWL), alle procedure endoscopiche o percutanee.
Calcoli renali di dimensioni tra 1 e 2 cm possono essere “bombardati” dall’esterno attraverso la litotrissia extracorporea ad onde d’urto (ESWL: Extracorporeal Shock Wave Lithotripsy) al fine di ottenere più frammenti di dimensioni espulsibili. L’ESWL è di norma una procedura ben tollerata, poco invasiva, sicura ed eseguibile senza procedure anestesiologiche importanti (solo copertura antalgica); l’apparecchiatura consiste in un sistema di puntamento (ecografico e radiologico con amplificatore di brillanza) e un generatore di onde d’urto che viene applicato direttamente a contatto con il fianco del paziente.
Il problema dell’ESWL è che una volta rotto il calcolo i frammenti devono essere poi espulsi tramite l’uretere, il che limita molto il diametro massimo dei calcoli che si possono trattare; calcoli molto voluminosi determinano un volume eccessivo di frammenti che si possono impilare nell’uretere e lì bloccarsi ostruendo completamente la via (l’immagine radiologica dei frammentini stipati nell’uretere ricorda una strada selciata, e per questo è stata chiamata dagli autori tedeschi Stein Strasse). Al di sopra degli 1.5-2 cm di diametro, quindi,  l’ESWL è sconsigliabile in quando la massa di frammenti che si verrebbe a creare sarebbe complessivamente troppo grande per un’espulsione e andrebbe ad ostruire l’uretere, richiedendo comunque un intervento endoscopico successivo. L’ESWL è anche controindicata in presenza di una conformazione anatomica della via escretrice  che renda difficile l’espulsione (ad esempio una stenosi del giunto pielo-ureterale) o quando il calcolo si trovi in un calice, tipicamente del gruppo inferiore, con lo sbocco in pelvi in posizione antigravitaria (in questo caso anche se l’ESWL raggiungesse il risultato di frammentare il calcolo, i frammenti  tenderebbero comunque a rimanere nel calice e a risaldarsi nel tempo).
Quando il calcolo è nell’uretere, quando vi siano frammenti litiasici non espulsi dopo trattamento ESWL o in presenza di litiasi caliciali multiple e complesse allora è proponibile un approccio endoscopico retrogrado, cioè risalendo dall’uretra verso le cavità renali utilizzando ureteroscopi semirigidi o flessibili, di piccolissimo diametro (da meno di 2.5 a poco più di 3 mm di diametro, a seconda dei modelli), attraverso cui è possibile vedere il calcolo, romperlo e asportarne i frammenti all’esterno.
Per esplorare e trattare calcoli nell’uretere si utilizzano strumenti semirigidi, che hanno il vantaggio di una qualità di immagine maggiore rispetto agli strumenti flessibili tradizionali sia per le caratteristiche del sistema ottico.
Arrivati in vista del calcolo, è necessario frammentarlo, e la frammentazione può essere ottenuta utilizzando  diverse metodiche (comunemente si parla di “energie”): balistica, ultrasuoni, laser.
Oggi l’energia più utilizzata per la litotrissia con ureteroscopi è il laser ad olmio: il raggio laser può essere portato in prossimità del calcolo attraverso fibre ottiche flessibili e di piccolo calibro, le uniche utilizzabili con strumenti flessibili e molto utili anche con i  moderni strumenti semirigidi, di calibro sempre minore. Il raggio laser viene assorbito dall’acqua presente negli anfratti e nelle porosità del calcolo e ne provoca la istantanea vaporizzazione; passando allo stato di vapore l’acqua aumenta bruscamente di volume e provoca la rottura del calcolo.
Dopo una  litotrissia ben condotta il calcolo è diviso in frammenti di dimensioni compatibili con il passaggio attraverso l’uretere; i frammenti più grossi vengono ingabbiati con particolari “cestelli” atraumatici e con questi attratti al di fuori della via escretrice (ogni volta è necessario uscire con lo strumento per poi rientrare, il diametro del canale operativo non é assolutamente compatibile col passaggio dei frammenti!), mentre i frammenti più piccoli possono essere lasciati all’espulsione spontanea. A lavoro ultimato viene lasciata in situ una endoprotesi a doppio J per mantenere aperta la via escretrice, in cui i fenomeni di edema che si possono verificare nei primi giorni dopo la procedura ostacolerebbero il passaggio di urina e dei frammentini residui; il doppio J verrà rimosso in cistoscopia flessibile e anestesia locale dopo 1 mese circa.
In presenza di calcoli renali di diametro superiore ai 2 cm il trattamento con onde d’urto, come si è detto, non è utile per l’ingente quantità di frammenti che ne residua. Calcoli di dimensioni maggiori, indicativamente fino a 2,5 cm circa, possono ancora essere trattati in ureteroscopia (il più delle volte flessibile) ma con procedure già considerevolmente lunghe; al di sopra dei 2,5 cm il tempo operatorio dell’ureteroscopia diventa considerevolmente meno accettabile e crescono esponenzialmente anche le possibilità che la procedura non risulti radicale e che siano necessarie delle nuove procedure per rompere e asportare le porzioni di calcolo residue.  Diventa quindi necessario prendere in considerazione l’opportunità di un intervento che dia maggiori garanzie di risolvere la patologia, anche a prezzo di una invasività maggiore: si tratta della nefrolitotrissia percutanea, che si ottiene eseguendo sotto guida radioscopica e/o ecografica un unico accesso percutaneo al rene  (PCNL: Per-Cutaneous Nephro Lytothripsy). In pratica si punge il rene con un ago che raggiunge il calice prescelto (solitamente il calice inferiore), attraverso l’ago si posiziona un filo guida piuttosto rigido su cui vengono fatti passare dei dilatatori progressivi per creare, nel modo meno traumatico possibile, un passaggio attraverso la parete dell’addome e il parenchima renale; al termine della dilatazione si posiziona una “camicia”, cioè un tubo di materiale plastico che forma una specie di “tunnel”, di diametro 7-8 mm, tra l’esterno e la cavità caliciale, un tramite attraverso cui si puo’ passare con un endoscopio particolare, il nefroscopio,  di calibro ben maggiore rispetto ad un ureteroscopio. Il nefroscopio rigido permette un lavaggio delle cavità con un flusso ingente e di utilizzare sonde rigide e anche di diametro considerevole (tipicamente balistiche e ad ultrasuoni, ma anche laser con fibre di diametro maggiore di quello normalmente utilizzabile con gli ureteroscopi, e quindi in grado di rilasciare maggiore energia per la litotrissia) che risultano molto efficaci nello spaccare in poco tempo calcoli di grandi dimensioni; la camicia, poi, permette la rapida evacuazione anche di frammenti di diametro prossimo ai 7-8 mm. In caso di necessità, per raggiungere cavità caliciali non in linea con l’accesso,  si può utilizzare anche uno strumento flessibile (il cistoscopio flessibile è uno strumento assolutamente adatto allo scopo).

9) Da cosa sono composti i calcoli e quali sono le cause della loro formazione?

I calcoli sono composti dalle seguenti sostanze:

  • Ossalato di Calcio monoidrato (Whewellite) o diidrato (Whedellite) 65% (Ossalato di Ca 30% ; Ossalato + Fosfato di Ca 30% ; Ossalato di Ca + Acido Urico 5%)
  • Fosfato di Calcio (Brushite) 10-20% ( in urine alcaline; correlazione con l’Acidosi tubulare distale e con le gravidanze )
  • Acido Urico 10-20% (Acido Urico, Urato Monosodico o di Ammonio) ( in urine acide ). L’Acido Urico promuove la cristallizzazione dell’ossalato di calcio: spesso un calcolo calcico è costituito da un nucleo radiotrasparente di acido urico.
  • Fosfato Ammonio Magnesiaco e Carbonato di Calcio 2-5% ( Struvite: calcoli infiammatori in urine alcaline) – Cistina 1% (in urine acide) – Xantina 1 % (in pazienti sottoposti ad una terapia non corretta con Allopurinolo. La xantina è infatti l’immediato precursore dell’acido urico).

I calcoli renali cosiddetti “primitivi” sono causati da errori metabolici che si traducono in un’alterata composizione urinaria di alcuni soluti che, venendosi a trovare in uno stato di “sovrasaturazione”, tendono a formare cristalli i quali, aggregandosi tra di loro, formano i calcoli. Questi disordini metabolici sono rappresentati da:

  • Ipercalciuria
  • Iperossaluria
  • Iperuricuria associata o meno ad iperuricemia
  • Iperparatiroidismo
  • Iperfosfaturie primarie
  • Ipocitraturie nelle condizioni di acidosi del sangue e di acidosi renale tubulare di tipo distale
  • Cistinuria

I calcoli renali cosiddetti “secondari” si formano a causa di alterazioni anatomiche delle vie urinarie che provocano un ristagno delle urine (uropatie ostruttive, rene a spugna, rene a ferro di cavallo etc.). Questa stasi urinaria, danneggiando l’epitelio di rivestimento, può compromettere la produzione di vari fattori protettivi di superficie (uromucoide), favorendo l’insorgenza di infezioni delle vie urinarie. Si avrà inizialmente una fermentazione ammoniacale ad opera di batteri ureasi produttori (Proteus, Klebsielle, Pseudomonas, Coli) i quali scindono l’urea in ammoniaca con formazione di ioni ammonio e bicarbonato . L’elevazione del pH urinario causera’ la formazione di calcoli composti da fosfato ammonio-magnesiaco e carbonato di calcio (struvite). Questi sono i cosiddetti calcoli infettivi. Sono calcoli che, accrescendosi per stratificazioni successive di cristalli e precipitati proteici dell’essudato infiammatorio, possono raggiungere dimensioni molto grandi (calcoli a stampo).

10) Cosa è uno studio metabolico e quando va eseguito?

Lo studio metabolico ricerca la predisposizione individuale a formare calcoli; poiché esistono diversi tipi di urolitiasi la prima indagine consiste nell’analisi del calcolo stesso, seguito da un esame delle urine raccolte nelle 24 ore, un’urinocoltura ed un prelievo venoso. Queste analisi forniscono dati riguardo il metabolismo di diversi oligoelementi come il Calcio, i Fosfati, gli Ossalati, etc. Alcuni soggetti possono avere delle alterazioni metaboliche che modificano le quantità di oligoelementi, la loro percentuale di assorbimento e di escrezione nelle urine.
Dopo aver caratterizzato il disordine del paziente, quando possibile, verrà impostata una terapia dietetica e farmacologica atta a correggere il disturbo presente.
Le alterazioni metaboliche sono numerose e complesse, così come può essere l’interpretazione corretta di uno studio metabolico approfondito: per tale motivo, se siete affetti da calcolosi renale, è importante rivolgervi ad un urologo specializzato nel trattamento dell’urolitiasi. Mediante un’accurata visita, esami di laboratorio, uno studio metabolico ed una strumentazione chirurgica all’avanguardia egli potrà infatti mettere in atto tutte le migliori terapie per ridurre il vostro rischio di sviluppare future coliche renali e garantire il vostro benessere a lungo termine