La calcolosi dell’apparato urinario rappresenta una patologia la cui incidenza è in costante aumento.
Questa patologia dell’apparato urinario colpisce dal 5 al 10% della popolazione adulta, con circa 3.000 nuovi casi per 100.000 abitanti/anno in Italia ed è responsabile del 3-5% di tutti gli accessi giornalieri al Pronto Soccorso.
Inoltre, i pazienti che hanno sviluppato tale patologia hanno una tendenza alla recidiva del 30% entro cinque anni.
Tali numeri indicano, dunque, quanto tale malattia sia frequente ed impegni il paziente ed il medico in un percorso che non deve essere esclusivamente legato alla risoluzione del momento “acuto” ma anche impostato su un concetto di prevenzione.
Diagnosi
DIAGNOSI CLINICA CALCOLOSI RENO-URETERALE
La presenza di un calcolo può determinare dei disturbi di varia entità che, se non trattati adeguatamente, possono determinare un danno della funzione renale.
Dal punto di vista clinico la presenza di un calcolo urinario può essere rilevata o almeno sospettata in caso di:
- Macro o microematuria (macro quando il quantitativo di sangue nelle urine è tale da modificare il colore delle stesse mentre si definisce microematuria quando il quantitativo non modifica il colore delle urine e si diagnostica con esame delle urine);
- Infezione delle vie urinarie con quadro di febbre urinaria;
- Dolore: solitamente a livello del fianco,di tipo gravativo;
- Colica reno-ureterale e ureteroidronefrosi: dolore acuto, violento, di solito localizzato a livello del fianco con irradiazione anteriore lungo la proiezione dell’uretere (emiaddome corrispondente) verso l’inguine, i genitali e la parte interna della coscia.
Possono coesistere sintomi neurovegetativi (nausea, vomito) e disturbi minzionali (bruciori, ematuria, aumentata frequenza minzionale). Questo quadro clinico è dovuto al passaggio di un calcolo, che può anche essere di minuscole dimensioni (renella), dal rene nell’uretere.
DIAGNOSTICA STRUMENTALE CALCOLOSI
Per eseguire una corretta diagnosi di calcolosi urinaria è fondamentale avvalersi delle tecniche strumentali che risultano indispensabili sia per la diagnosi che per eseguire eventuali procedure chirurgiche. Tra le metodiche di primo livello, utilizzate sia durante la fase acuta che per il follow-up della malattia annoveriamo:
Rx Diretta Addome
La sensibilità e la specificità di tale indagine diagnostica sono riportate rispettivamente fra il 59-64% ed il 71-77% che presenta una minore accuratezza diagnostica rispetto ad altre metodiche a causa di:
- limiti della metodica ad identificare calcoli poco o non radiopachi;
- limiti risolutivi legati alle dimensioni del calcolo (scarsa visualizzazione al di sotto dei 4 mm);
- mascheramento a causa del meteorismo intestinale o di sedi critiche (es. ossa del bacino); inoltre non offre la certezza che l’immagine calcifica localizzata sia di pertinenza delle vie urinarie (linfonodi calcifici, fleboliti).
Ecografia
L’Ecografia rappresenta la migliore indagine di prima istanza nella diagnosi di calcolosi urinaria con un valore di sensibilità del 61% e di specificità prossimo al 100% . Infatti consente la valutazione accurata della sede e delle dimensioni del calcolo e fornisce informazioni indirette quali dilatazione delle cavità urinarie, indice cortico-midollare, presenza di raccolte fluide perirenali.
TC addome pelvi
La TC spirale, senza iniezione di mezzo di contrasto, è oggi ampiamente utilizzata come metodica di scelta nella diagnostica in urgenza dei pazienti affetti da colica renale, con reperti ecografici e/o radiografici dubbi o negativi, con una sensibilità del 97% e specificità del 96%. È possibile visualizzare direttamente la presenza del calcolo, stabilirne sede e dimensioni, studiarne la densità e la natura, evidenziare l’eventuale edema della giunzione uretero-vescicale e/o l’ostruzione ureterale.
Uro TC
L’indagine consiste nell’esecuzione di un normale esame TC dell’addome sfruttando la fase precoce di impregnazione per lo studio dei reni e della vescica, e la fase di eliminazione dai 5 ai 10 minuti dopo l’iniezione di mdc. Ha il vantaggio di non richiedere la preparazione intestinale; tramite questa metodica è possibile valutare anche eventuali patologie extraurinarie e studiare la componente vascolare renale (Angio-TC). I limiti consistono essenzialmente nel maggior costo e nella maggiore esposizione alle radiazioni.
Terapie
Lo sviluppo delle tecniche di litotrissia extracorporea e la disponibilità di strumenti endourologici ha notevolmente influenzato la scelta terapeutica del trattamento della calcolosi urinaria.
Negli ultimi decenni si è assistito al quasi completo abbandono delle tecniche chirurgiche “open” a favore di interventi “minimamente invasivi”.
Attualmente, la litotrissia extracorporea con onde d’urto (ESWL), la ureterorenoscopia laser (URS o RIRS), la litotrissia percutanea (PCNL) e la chirurgia open/laparoscopica rappresentano le possibili tecniche utilizzabili per la risoluzione del quadro clinico.
La scelta terapeutica si basa su diversi fattori che riguardano il tipo di calcolosi da trattare (sede, dimensione, composizione chimica), presenza di quadri complicanti (idronefrosi e febbre) ma anche e soprattutto caratteristiche del paziente (presenza di malattie concomitanti). Per tali motivi la gestione del paziente non può prescindere dalla corretta applicazione delle Linee Guida Urologiche più attuali, ma anche da una valutazione collegiale del Team Medico dedicato.
URETEROLITOTRISSIA LASER (ULT)
LITOTRISSIA EXTRACORPOREA CON ONDE D’URTO (ESWL)
LITOTRISSIA ENDOSCOPICA ENDORENALE PER VIA RETROGRADA (RIRS)
STRUMENTARIO ENDOUROLOGICO
Introduttore ureterale
Anche definita guaina di accesso ureterale (ureteral access sheath) serve a facilitare l’accesso al rene quando sono richiesti passaggi multipli durante la procedura. Con gli ureteroscopi attualmente in uso le guaine più utilizzate sono rappresentate da quelle la cui dimensione è di 10/12 Fr o 12/14 Fr.
Cestelli per rimozione calcoli
I cestelli (basket) sono usati per rimuovere i frammenti litiasici dall’uretere e dal rene. Particolarmente raccomandato per l’ureteroscopia flessibile sono i cestelli di nitinol che offrono piena flessibilità per accedere al rene. Inoltre il design senza punta garantisce la sicurezza del paziente durante la cattura dei calcoli.
Fili guida
Sono stati sviluppati numerosi tipi di fili e sono uno strumento indispensabile per procedure ureterorenoscopiche flessibili. Si consigliano soprattutto fili di nitinol idrofilici e fili guida ibridi per un accesso sicuro e affidabile.
Ureterorenoscopio Flessibile
L’ ureterorenoscopio flessibile è necessario per la calcolosi endorenale. Sono stati sviluppati ureterorenoscopi di dimensioni ridotte con diametri che arrivano anche a 8,4 Fr. utilizzati per accedere anche ad anatomie difficili. Questo consente all’operatore di raggiungere anche il polo inferiore grazie alla loro deflessione di 275 °.
Ureteroscopio Semirigido
Utilizzato per la chirurgia della litiasi ureterale.
Holmium: YAG Laser
Il laser ad olmio rappresenta la fonte di energia migliore per il trattamento della patologia litiasica. Quello più frequentemente utilizzato è rappresentato dal 20-30W. Ci sono diverse modalità di trattamento che permettono la frantumazione del calcolo a seconda delle esigenze.
URETEROLITOTRISSIA LASER (ULT)
La proceduta prevede inserimento attraverso l’uretra di una sonda endoscopica denominata “ureterorenoscopio” e successiva identificazione dello sbocco ureterale, in cui si introduce un filo guida di sicurezza. Si risale quindi lungo l’uretere fino al calcolo. A questo punto si utilizza una sonda elettroidraulica,ultrasonica o il laser ad olmio per frantumare il calcolo o i calcoli e successiva rimozione dei frammenti creatisi, oppure alla sua estrazione endoscopica diretta, in caso il calcolo sia di modeste dimensioni con pinza da rimozione di Perez-Castro.
Successivamente si può applicare il catetere autostatico, che è dotato di una doppia virgola (o j o coda di maiale) con la quale si ancora nel rene e nella vescica, diventando così autostatico. Dopo questa manovra può essere lasciato un catetere vescicale per 24 ore allo scopo di evitare il reflusso da intolleranza vescicale dello stent che si verifica soprattutto nelle prime ore.
L’intervento dura in genere da 30 minuti a due ore a seconda della posizione e delle dimensioni della litiasi da trattare.
Le principali complicanze sono rappresentate dalle lesioni dell’uretere come la sua perforazione o avulsione che possono rendere necessario un eventuale intervento chirurgico riparativo ed eccezionalmente la nefrectomia. Le lesioni dell’uretere possono esitare in stenosi che richiedono un successivo trattamento endoscopico o chirurgico. Altre complicanze sono rappresentate da coliche renali, ematuria, infezioni delle vie urinarie/sepsi, complicanze sistemiche.
La percentuale di clearance completa del calcolo dopo ureterorenoscopia è molto elevata (70-90% in base alla localizzazione del calcolo). Nei casi di persistenza di frammenti litiasici potrebbe essere necessaria una nuova procedura.
Tale procedura è considerata la metodica di prima scelta per tutti i calcoli ureterali di diametro superiore a 1 cm e per quelli anche di dimensioni inferiori, ma dove si determini una situazione di stasi urinaria con relativa sofferenza dell’organo. Rappresenta inoltre la metodica di scelta nei casi in cui ci sia stato un precedente trattamento con litotrissia extracoporea ad onde d’urto (ESWL) che abbia fallito o si sia verificato impilamento di frammenti litiasici (steinstrasse).
LITOTRISSIA EXTRACORPOREA CON ONDE D’URTO (ESWL)
Tecnica scarsamente invasiva che ha lo scopo di disgregare i calcoli urinari in piccoli frammenti mediante l’applicazione di onde d’urto generate all’esterno dell’organismo. I frammenti vengono in seguito espulsi spontaneamente con le urine. Il litotritore è un’apparecchiatura dotata di un generatore di onde d’urto, di un sistema di individuazione e puntamento del calcolo (radioscopia, ecografia), di un lettino su cui viene disteso il paziente durante il trattamento; le onde d’urto vengono concentrate a livello del calcolo disgregandolo. Con i moderni litotritori è possibile effettuare il trattamento senza anestesia o sedazione anche in regime di ricovero giornaliero.
I possibili effetti collaterali sono rappresentati da:
- ematoma subcapsulare, ematuria (evento parafisiologico);
- ostruzione: dipende dalle dimensioni e dalla natura del calcolo con possibile steinstrasse;
- febbre e sepsi urinaria.
Le indicazioni al trattamento di litotripsia extracorporea sono legate alle dimensioni del calcolo, alla sua sede (per i calcoli nel calice inferiore si ha il minor tasso di successo) e composizione chimica oltre che alla morfologia della via escretrice. In caso di calcoli di più grosse dimensioni, talvolta è necessario applicare preventivamente un catetere ureterale (doppio J) al fine di proteggere il rene da eventuali impilamenti di frammenti litiasici che si formano in seguito al trattamento e che possono ostruire l’uretere. I migliori risultati si ottengono con calcoli renali < 2 cm. L’ESWL può essere adottata anche per i calcoli ureterali che non siano stati espulsi spontaneamente o che creino ostruzione o coliche renali persistenti. Le controindicazioni sono rappresentate da: gravidanza, coagulopatie, aneurismi aortici, grandi obesi.
LITOTRISSIA ENDOSCOPICA ENDORENALE PER VIA RETROGRADA (RIRS)
La RIRS è una procedura endoscopica che consente la rimozione di formazioni litiasiche localizzate a livello renale. Attraverso l’uretra si raggiunge con l’ureterorenoscopio semirigido o flessibile la vescica, dove si individua lo sbocco dell’uretere attraverso il quale si arriva al rene. Qualora l’ingresso in uretere non fosse possibile per un’impossibilità a superare lo sbocco ureterale o per altre anomalie morfologiche, congenite o acquisite, dell’uretere, si può decidere di porre a dimora un cateterino o doppio J rimandando l’intervento Si esplorano quindi le cavità renali fino ad individuare il calcolo che viene polverizzato con l’utilizzo di un laser ad olmio. I frammenti litiasici più grandi possono essere asportati con opportuni cestelli, quelli più piccoli possono essere espulsi spontaneamente. Se necessario, al termine dell’intervento, potrà essere lasciato in sede un cateterino ureterale (doppio J) per meglio drenare le cavità renali. Il doppio J verrà rimosso in un secondo tempo Questa procedura offre diversi vantaggi: minori o nulle complicanze emorragiche rispetto alla litotrissia percutanea, l’assenza di cicatrici, riduzione dolore post-operatorio ed un notevole contenimento dei tempi di degenza e di recupero delle normali attività. Per contro, per calcoli di dimensioni superiori ai 2 cm, tale metodica comporta una percentuale di bonifica del calcolo inferiore rispetto alla litotrissia percutanea; per avere risultati analoghi al trattamento percutaneo, in circa il 30% dei casi è probabile una seconda procedura.
Le difficoltà connesse alla ridotta visibilità del campo operatorio dovute al ridotto diametro degli strumenti e la necessità di frantumare il calcolo in frammenti molto piccoli per essere compatibili con una espulsione spontanea (1-2mm), impongono restrizione della grandezza dei calcoli affrontati a non più di 3-4 cm di grandezza. Le possibili complicanze associate a questo intervento. In particolare, le più frequenti sono rappresentate da coliche renali, ematuria,perforazioni ureterali, avulsione ureterale, stenosi ureterale, persistenza di frammenti litiasici in uretere, infezioni delle vie urinarie/sepsi, lesioni renali con necessità di eseguire una nefrectomia.
Grazie a questa tecnica oggi si può esaminare endoscopicamente anche la via escretrice superiore e fare una diagnosi esatta e trattare alcune patologie.
Le indicazioni per questa tecnica sono:
- calcolosi ureterale e renale ( per calcoli di dimensioni non superiori a cm 2.5);
- stenosi ureterali, del giunto pielo-ureterale, degli infundiboli caliceali;
- calcolosi in diverticoli caliceali;
- corpi estranei risaliti.
Questo intervento, nella maggioranza dei casi, viene condotto in un tempo che varia tra i 15 e i 60 minuti anche se in alcuni casi particolarmente complessi la durata può essere maggiore.
LITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL)
La litotrissia percutanea (PCNL per gli autori anglosassoni) rappresenta oggi il trattamento di prima scelta per i calcoli renali superiori a 2 cm di diametro: viene eseguita attraverso un accesso percutaneo nel fianco del diametro di circa 1 cm che consente di accedere al rene. Attraverso un piccolo tubicino denominato “camicia”, del diametro di circa 1 cm, che permette di mantenere una via stabile di accesso al rene durante tutto l’intervento, si introduce uno strumento ottico (nefroscopio) all’interno del quale viene introdotta una sonda ad ultrasuoni. La sonda è in grado di frantumare il calcolo in pezzettini che vengono poi aspirati e/o rimossi con pinza. Si tratta di un procedimento che offre il vantaggio di ottenere una completa bonifica del calcolo per lo più con una singola procedura, in una percentuale di casi che si avvicina al 100%. Al termine della procedura (debulking litiasico totale o parziale) viene lasciato, nel tramite un catetere nefrostomico con lo scopo di effettuare emostasi del tragitto per compressione e di drenare il rene. Questo intervento si effettua in anestesia generale e prevede la degenza di circa 1-3 notti.
Le principali complicanze della PNL sono rappresentate da:
- sanguinamento intraoperatorio severo che può richiedere anche la sospensione dell’intervento chirurgico o richiedere una conversione in chirurgia a cielo aperto e nei casi più gravi la nefrectomia;
- sanguinamento post-operatorio con ematoma perirenale ed anemiz-zazione, con eventuale necessità di embolizzazione percutanea;
- fistole urinose;
- fistole artero venose renali;
- sepsi;
- lesioni di organi adiacenti il rene.
Le indicazioni sono rappresentate da:
- calcoli renali di dimensioni >2-2,5cm;
- calcoli del calice inferiore;
- calcoli renali a stampo pielici e pielocaliciali;
- calcoli di maggiore consistenza (cistina, ossalato di calcio monoidrato) o calcoli a stampo recidivi dopo chirurgia a cielo aperto.
La tradizionale chirurgia a cielo aperto, che richiedeva spesso ampi accessi (quindi lunghe cicatrici) non trova quasi più indicazione oggigiorno; nei casi in cui per dimensione del calcolo e/o conformazione del rene, si ritiene opportuno un approccio chirurgico, è possibile ricorrere alla laparoscopia.
Team medico
La squadra di medici specialisti di cui dispone il CENTRO PER LA CALCOLOSI DELLE VIE URINARIE di Villa Margherita è costituita da:
UROLOGO
NEFROLOGO
CARDIOLOGO
RADIOLOGO
ANESTESISTA
FAQ
1) Che sintomatologia può causare la colica renale e come si tratta?
Quando i calcoli si impegnano nell’uretere causando una dilatazione acuta delle vie escretrici a monte (uretero-calico-pielectasia), provocano la cosiddetta “colica renale”. Un dolore di tipo gravativo, profondo, di varia intensità, spesso paragonato a quello che le donne provano durate il parto, localizzato a livello della regione lombare e che può irradiarsi anteriormente al fianco omolaterale ed anche in basso verso l’inguine e i genitali (testicoli o grandi labbra). Il dolore, in genere continuo, non si modifica variando posizione e può accompagnarsi a sintomi vagali quali la nausea, il vomito ed il gonfiore addominale. Il dolore può essere evidenziato da alcune manovre come la percussione della regione lombare (manovra di Giordano) e la pressione sui punti di dolorabilità elettiva a livello dell’angolo costo-vertebrale, dell’angolo costo-lombare e del punto pieloureterale di Bazy.
Se è presente un’infezione urinaria si può avere anche febbre preceduta e/o accompagnata da brividi (febbre cosiddetta uro-settica) e disturbi minzionali (disuria) caratterizzati da bruciori durante la minzione, difficoltà o frequente stimolo ad urinare. L’ostruzione litiasica, causando un rallentamento o un arresto completo del flusso urinario, espone il paziente al rischio di infezioni e di sofferenza del rene che a lungo andare può perdere anche completamente la sua funzionalità. Quando si avrà la remissione completa del dolore ciò non significherà sempre che il calcolo è stato espulso. Infatti quando la dilatazione delle vie escretrici diviene cronica, la regola è la scomparsa della sintomatologia dolorosa.
2) Quali sono i fattori di rischio per la litiasi reno-ureterale ?
Possiamo distinguerli tra fattori individuali ed ambientali.
Tra quelli individuali citiamo il sesso (gli uomini hanno più probabilità di sviluppare una calcolosi), l’età (massima frequenza tra i 45 e i 65 anni), la familiarità alcuni stati patologici tipo, l’ipertensione arteriosa, l’obesità (specie nel sesso femminile) e più specificamente disordini “metabolici”:
- eccesso di promotori della calcolosi come per eccessiva eliminazione urinaria di calcio, ossalato, acido urico, sodio, ad esempio
- carenza di inibitori della calcolosi come per ridotta eliminazione urinaria di citrato o magnesio, ad esempio.
Questi cosiddetti fattori di rischio “metabolici” possono ovviamente esser ricercati mediante un adeguato screening cosiddetto metabolico o della nefrolitiasi.
Tra quelli ambientali svettano il clima e la latitudine in cui si vive (peggio se caldo-umido), le condizioni socio economiche (peggio se aumenta il benessere), l’attività lavorativa, le abitudini dietetiche (diete ricche in proteine d’origine animale e in sale ma soprattutto povere di liquidi), la sedentarietà, tabagismo, ecc
3) In caso di colica renale come devo comportarmi?
Il primo esame da eseguire è un’analisi delle urine con particolare riguardo al sedimento (microematuria) ed un’ecografia del tratto urinario. Per alleviare il dolore possiamo assumere farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) del tipo Ketoprofene fiale (Orudis) oppure Diclofenac fiale (Voltaren) che riducono la filtrazione glomerulare del rene diminuendo la pressione a livello delle vie escretrici. Questi hanno anche un effetto analgesico e antipiretico. Se la sintomatologia dolorosa non migliora si può utilizzare analgesico più potente del tipo Ketorolac fiale (Toradol).
In caso di colica NON si deve bere per il rischio di un aggravamento della sintomatologia dolorosa (aumento della pressione e della conseguente dilatazione delle vie escretrici). Il rischio potrebbe anche essere la rottura dei calici renali con la conseguenza di uno stravaso dell’urina nell’interstizio ma anche, in caso di rottura della capsula, nello spazio peri e pararenale con formazione di un cosiddetto “urinoma”.
4) È possibile “sciogliere” i calcoli?
La maggior parte dei calcoli non si possono sciogliere. Un tipo particolare di questi, i calcoli di acido urico, l’utilizzo di una terapia a base di citrato di potassio e magnesio ha degli ottimi risultati riuscendo nello scopo di scioglierli.
Questi tipi di calcoli rappresentano circa il 10% della calcolosi totale ed hanno la caratteristica di essere radiotrasparenti
5) Quali esami eseguire in caso di litiasi urinaria?
Il primo esame cui sottoporre il paziente è un’ecografia renale. Questa dovrebbe essere in grado di visualizzare i calcoli presenti, indipendentemente dalla loro composizione chimica e quando l’ecografia non sarà in grado di rilevare la presenza di calcoli ureterali, potrà evidenziare una dilatazione ureterale e/o calico-pielica e porre il sospetto dell’esistenza di un calcolo nell’uretere causa dell’ostruzione. Un altro esame sempre utile da effettuare è una Radiografia diretta dei reni e della vescica. Questa servirà ad evidenziare la presenza di calcoli lungo il decorso degli ureteri, non visualizzati dall’esame ecografico, a determinare la composizione chimica del calcolo (radiopaco o radiotrasparente) e sarà indispensabile per effettuare una valutazione sul grado di frammentazione della formazione litiasica ottenuta dopo litotrissia extracorporea (ESWL).
La TC senza mdc è un’indagine con elevata sensibilità che è possibile eseguire in caso di dubbi diagnostici o in presenza di dilatazione calicopielica senza visualizzazione di una formazione litiasica.
6) Terapia espulsiva: quando e perché?
La terapia espulsiva o Medical Expulsive Therapy (MET) rappresenta un’opzione di trattamento per calcolosi ureterale di ridotte dimensioni, solitamente sotto i 9-10 mm.
Si utilizzano dei farmaci che facilitano la progressione del calcolo e la sua espulsione dilatando la muscolatura liscia dell’uretere come ad esempio alfa litico (tamsulosina, alfuzosina,silodosina…) o un calcio-antagonista (ad esempio la nifedipina)
7) Che tipo di valutazione clinica s’impone in una nefrolitiasi recidivante?
La miglior valutazione clinica per una nefrolitiasi che ricorre è quella che comprende una ricerca dei possibili fattori di rischio metabolico implicati (screening per la nefrolitiasi). Questa consiste nell’esecuzione di esami del sangue e delle urine (delle 24 ore ed a digiuno), che devono essere eseguiti generalmente con alcune semplici accortezze:
- durante un periodo di dieta libera, che va trascritta – almeno negli ultimi tre giorni prima degli esami – su un diario dietetico;
- senza assumere terapie specifiche (a meno che non si voglia controllare la bontà delle prescrizioni);
- con raccolta delle urine delle 24 ore essere eseguita correttamente (in modo completo, acidificata, ecc).
Poiché tal screening metabolico ha un costo non trascurabile, la maggior parte dei Centri/medici, che s’interessano di nefrolitiasi non lo propone indiscriminatamente a tutti i pazienti. A quei pazienti in cui non sussiste un elevato rischio di recidive tale screening generalmente non si pratica e si consigliano delle semplici ma efficaci regole dietetiche di primo livello. Sono questi generalmente pazienti oltre la mezza età che si presentano al primo episodio di calcolosi renale.
Le regole dietetiche di primo livello consistono in una dieta normocalorica sul peso ideale, normocalcica, normoproteica (0.9-1.0g/Kg/die, con predilezione per le proteine d’origine vegetale) ed infine normosodica.
Viceversa a quei pazienti che presentano fattori di rischio più consistenti viene proposto lo screening; sono in genere pazienti più giovani, che si (ri)presentano con storia di numerose coliche/calcoli spesso ad entrambi i reni: ovvero sono affetti da calcolosi recidivante.
Ma il consiglio igienico-dietetico dal quale non si può prescindere per qualsiasi tipo di nefrolitiasi al primo episodio – od ancor peggio se recidivante – è quello di portare la diuresi in qualsiasi stagione dell’anno e per qualsiasi attività fisica oltre i due litri e mezzo nelle 24 ore. Ciò andrà monitorato autonomamente dal paziente con delle misurazioni ‘random’ (o casuali) praticate una volta al mese od almeno ai quattro cambi di stagione e per variazioni sostanziali nelle abitudini di vita.
8) Quali sono i tipi di trattamento in caso litiasi urinaria?
Le opzioni di trattamento sono molteplici. In caso di calcoli di piccole dimensioni questi possono essere eliminati spontaneamente con ausilio o meno di farmaci. Importante bere molto tranne in caso di colica renale.
In caso di calcoli di dimensioni maggiori si ricorre alla litotrissia extracorporea (ESWL), alle procedure endoscopiche o percutanee.
Calcoli renali di dimensioni tra 1 e 2 cm possono essere “bombardati” dall’esterno attraverso la litotrissia extracorporea ad onde d’urto (ESWL: Extracorporeal Shock Wave Lithotripsy) al fine di ottenere più frammenti di dimensioni espulsibili. L’ESWL è di norma una procedura ben tollerata, poco invasiva, sicura ed eseguibile senza procedure anestesiologiche importanti (solo copertura antalgica); l’apparecchiatura consiste in un sistema di puntamento (ecografico e radiologico con amplificatore di brillanza) e un generatore di onde d’urto che viene applicato direttamente a contatto con il fianco del paziente.
Il problema dell’ESWL è che una volta rotto il calcolo i frammenti devono essere poi espulsi tramite l’uretere, il che limita molto il diametro massimo dei calcoli che si possono trattare; calcoli molto voluminosi determinano un volume eccessivo di frammenti che si possono impilare nell’uretere e lì bloccarsi ostruendo completamente la via (l’immagine radiologica dei frammentini stipati nell’uretere ricorda una strada selciata, e per questo è stata chiamata dagli autori tedeschi Stein Strasse). Al di sopra degli 1.5-2 cm di diametro, quindi, l’ESWL è sconsigliabile in quando la massa di frammenti che si verrebbe a creare sarebbe complessivamente troppo grande per un’espulsione e andrebbe ad ostruire l’uretere, richiedendo comunque un intervento endoscopico successivo. L’ESWL è anche controindicata in presenza di una conformazione anatomica della via escretrice che renda difficile l’espulsione (ad esempio una stenosi del giunto pielo-ureterale) o quando il calcolo si trovi in un calice, tipicamente del gruppo inferiore, con lo sbocco in pelvi in posizione antigravitaria (in questo caso anche se l’ESWL raggiungesse il risultato di frammentare il calcolo, i frammenti tenderebbero comunque a rimanere nel calice e a risaldarsi nel tempo).
Quando il calcolo è nell’uretere, quando vi siano frammenti litiasici non espulsi dopo trattamento ESWL o in presenza di litiasi caliciali multiple e complesse allora è proponibile un approccio endoscopico retrogrado, cioè risalendo dall’uretra verso le cavità renali utilizzando ureteroscopi semirigidi o flessibili, di piccolissimo diametro (da meno di 2.5 a poco più di 3 mm di diametro, a seconda dei modelli), attraverso cui è possibile vedere il calcolo, romperlo e asportarne i frammenti all’esterno.
Per esplorare e trattare calcoli nell’uretere si utilizzano strumenti semirigidi, che hanno il vantaggio di una qualità di immagine maggiore rispetto agli strumenti flessibili tradizionali sia per le caratteristiche del sistema ottico.
Arrivati in vista del calcolo, è necessario frammentarlo, e la frammentazione può essere ottenuta utilizzando diverse metodiche (comunemente si parla di “energie”): balistica, ultrasuoni, laser.
Oggi l’energia più utilizzata per la litotrissia con ureteroscopi è il laser ad olmio: il raggio laser può essere portato in prossimità del calcolo attraverso fibre ottiche flessibili e di piccolo calibro, le uniche utilizzabili con strumenti flessibili e molto utili anche con i moderni strumenti semirigidi, di calibro sempre minore. Il raggio laser viene assorbito dall’acqua presente negli anfratti e nelle porosità del calcolo e ne provoca la istantanea vaporizzazione; passando allo stato di vapore l’acqua aumenta bruscamente di volume e provoca la rottura del calcolo.
Dopo una litotrissia ben condotta il calcolo è diviso in frammenti di dimensioni compatibili con il passaggio attraverso l’uretere; i frammenti più grossi vengono ingabbiati con particolari “cestelli” atraumatici e con questi attratti al di fuori della via escretrice (ogni volta è necessario uscire con lo strumento per poi rientrare, il diametro del canale operativo non é assolutamente compatibile col passaggio dei frammenti!), mentre i frammenti più piccoli possono essere lasciati all’espulsione spontanea. A lavoro ultimato viene lasciata in situ una endoprotesi a doppio J per mantenere aperta la via escretrice, in cui i fenomeni di edema che si possono verificare nei primi giorni dopo la procedura ostacolerebbero il passaggio di urina e dei frammentini residui; il doppio J verrà rimosso in cistoscopia flessibile e anestesia locale dopo 1 mese circa.
In presenza di calcoli renali di diametro superiore ai 2 cm il trattamento con onde d’urto, come si è detto, non è utile per l’ingente quantità di frammenti che ne residua. Calcoli di dimensioni maggiori, indicativamente fino a 2,5 cm circa, possono ancora essere trattati in ureteroscopia (il più delle volte flessibile) ma con procedure già considerevolmente lunghe; al di sopra dei 2,5 cm il tempo operatorio dell’ureteroscopia diventa considerevolmente meno accettabile e crescono esponenzialmente anche le possibilità che la procedura non risulti radicale e che siano necessarie delle nuove procedure per rompere e asportare le porzioni di calcolo residue. Diventa quindi necessario prendere in considerazione l’opportunità di un intervento che dia maggiori garanzie di risolvere la patologia, anche a prezzo di una invasività maggiore: si tratta della nefrolitotrissia percutanea, che si ottiene eseguendo sotto guida radioscopica e/o ecografica un unico accesso percutaneo al rene (PCNL: Per-Cutaneous Nephro Lytothripsy). In pratica si punge il rene con un ago che raggiunge il calice prescelto (solitamente il calice inferiore), attraverso l’ago si posiziona un filo guida piuttosto rigido su cui vengono fatti passare dei dilatatori progressivi per creare, nel modo meno traumatico possibile, un passaggio attraverso la parete dell’addome e il parenchima renale; al termine della dilatazione si posiziona una “camicia”, cioè un tubo di materiale plastico che forma una specie di “tunnel”, di diametro 7-8 mm, tra l’esterno e la cavità caliciale, un tramite attraverso cui si puo’ passare con un endoscopio particolare, il nefroscopio, di calibro ben maggiore rispetto ad un ureteroscopio. Il nefroscopio rigido permette un lavaggio delle cavità con un flusso ingente e di utilizzare sonde rigide e anche di diametro considerevole (tipicamente balistiche e ad ultrasuoni, ma anche laser con fibre di diametro maggiore di quello normalmente utilizzabile con gli ureteroscopi, e quindi in grado di rilasciare maggiore energia per la litotrissia) che risultano molto efficaci nello spaccare in poco tempo calcoli di grandi dimensioni; la camicia, poi, permette la rapida evacuazione anche di frammenti di diametro prossimo ai 7-8 mm. In caso di necessità, per raggiungere cavità caliciali non in linea con l’accesso, si può utilizzare anche uno strumento flessibile (il cistoscopio flessibile è uno strumento assolutamente adatto allo scopo).
9) Da cosa sono composti i calcoli e quali sono le cause della loro formazione?
I calcoli sono composti dalle seguenti sostanze:
- Ossalato di Calcio monoidrato (Whewellite) o diidrato (Whedellite) 65% (Ossalato di Ca 30% ; Ossalato + Fosfato di Ca 30% ; Ossalato di Ca + Acido Urico 5%)
- Fosfato di Calcio (Brushite) 10-20% ( in urine alcaline; correlazione con l’Acidosi tubulare distale e con le gravidanze )
- Acido Urico 10-20% (Acido Urico, Urato Monosodico o di Ammonio) ( in urine acide ). L’Acido Urico promuove la cristallizzazione dell’ossalato di calcio: spesso un calcolo calcico è costituito da un nucleo radiotrasparente di acido urico.
- Fosfato Ammonio Magnesiaco e Carbonato di Calcio 2-5% ( Struvite: calcoli infiammatori in urine alcaline) – Cistina 1% (in urine acide) – Xantina 1 % (in pazienti sottoposti ad una terapia non corretta con Allopurinolo. La xantina è infatti l’immediato precursore dell’acido urico).
I calcoli renali cosiddetti “primitivi” sono causati da errori metabolici che si traducono in un’alterata composizione urinaria di alcuni soluti che, venendosi a trovare in uno stato di “sovrasaturazione”, tendono a formare cristalli i quali, aggregandosi tra di loro, formano i calcoli. Questi disordini metabolici sono rappresentati da:
- Ipercalciuria
- Iperossaluria
- Iperuricuria associata o meno ad iperuricemia
- Iperparatiroidismo
- Iperfosfaturie primarie
- Ipocitraturie nelle condizioni di acidosi del sangue e di acidosi renale tubulare di tipo distale
- Cistinuria
I calcoli renali cosiddetti “secondari” si formano a causa di alterazioni anatomiche delle vie urinarie che provocano un ristagno delle urine (uropatie ostruttive, rene a spugna, rene a ferro di cavallo etc.). Questa stasi urinaria, danneggiando l’epitelio di rivestimento, può compromettere la produzione di vari fattori protettivi di superficie (uromucoide), favorendo l’insorgenza di infezioni delle vie urinarie. Si avrà inizialmente una fermentazione ammoniacale ad opera di batteri ureasi produttori (Proteus, Klebsielle, Pseudomonas, Coli) i quali scindono l’urea in ammoniaca con formazione di ioni ammonio e bicarbonato . L’elevazione del pH urinario causera’ la formazione di calcoli composti da fosfato ammonio-magnesiaco e carbonato di calcio (struvite). Questi sono i cosiddetti calcoli infettivi. Sono calcoli che, accrescendosi per stratificazioni successive di cristalli e precipitati proteici dell’essudato infiammatorio, possono raggiungere dimensioni molto grandi (calcoli a stampo).
10) Cosa è uno studio metabolico e quando va eseguito?
Lo studio metabolico ricerca la predisposizione individuale a formare calcoli; poiché esistono diversi tipi di urolitiasi la prima indagine consiste nell’analisi del calcolo stesso, seguito da un esame delle urine raccolte nelle 24 ore, un’urinocoltura ed un prelievo venoso. Queste analisi forniscono dati riguardo il metabolismo di diversi oligoelementi come il Calcio, i Fosfati, gli Ossalati, etc. Alcuni soggetti possono avere delle alterazioni metaboliche che modificano le quantità di oligoelementi, la loro percentuale di assorbimento e di escrezione nelle urine.
Dopo aver caratterizzato il disordine del paziente, quando possibile, verrà impostata una terapia dietetica e farmacologica atta a correggere il disturbo presente.
Le alterazioni metaboliche sono numerose e complesse, così come può essere l’interpretazione corretta di uno studio metabolico approfondito: per tale motivo, se siete affetti da calcolosi renale, è importante rivolgervi ad un urologo specializzato nel trattamento dell’urolitiasi. Mediante un’accurata visita, esami di laboratorio, uno studio metabolico ed una strumentazione chirurgica all’avanguardia egli potrà infatti mettere in atto tutte le migliori terapie per ridurre il vostro rischio di sviluppare future coliche renali e garantire il vostro benessere a lungo termine